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Nataša Nemec «silurata» tre ore dopo la consegna del dossier a Lubiana
Rassegna stampa

 

Rassegna stampa:

- Nova Gorica : Nataša Nemec «silurata» tre ore dopo la consegna del dossier a Lubiana

- Lo Sfogo - Nataša Nemec : «I segreti negli archivi dell’Ozna e all’Eur»

 

Il Piccolo 17/03/06 

Nova Gorica : Nataša Nemec «silurata» tre ore dopo la consegna del dossier a Lubiana

Guido Barella

Rimozione motivata da titoli accademici ritenuti insufficienti ma restano dubbi La studiosa lavorava da 12 anni in un istituto di Nova Gorica. Adesso non puň piů accedere alla documentazione raccolta Liste deportati, licenziata la ricercatrice

 

BILJE Nataša Nemec, l’autrice dello studio sui deportati dal Goriziano a guerra finita che comprende quell’elenco di 1048 nomi reso pubblico nei giorni scorsi, non lavora piů ai Goriški muzej. Licenziata. Appena tre ore dopo aver consegnato a Lubiana l’esito delle sue ricerche. Aveva iniziato a collaborare con l’istituzione culturale di Nova Gorica nel 1988. Il 9 dicembre scorso, poche ore dopo avere trasmesso via e-mail al Ministero degli esteri di Lubiana il proprio studio, č stata licenziata. Non ha potuto nemmeno piů tornare nel suo ufficio al secondo piano di Villa Bartolomei, a Salcano: č stata cambiata la serratura della porta. E lŕ, in quelle stanze, ha lasciato tutti i documenti sui quali ha costruito il proprio lavoro di ricerca sul tema dei deportati iniziato 12 anni fa. Centinaia e centinaia di fogli di appunti presi a mano, centinaia e centinaia di fotocopie di documenti rinvenuti negli archivi sloveni e italiani. Adesso, ha con sč soltanto alcuni quaderni, alcuni registri che aveva portato a casa per poter lavorare anche di sera a quel documento che doveva trasmettere il prima possibile, come le era stato chiesto, a Lubiana.

Nella sua casa di Bilje, tra Vertoiba e Ranziano, nella Valle del Vipacco, Nataša Nemec preferisce non affrontare l’argomento. Contro il licenziamento – che sarebbe stato motivato dal Goriški muzej con un problema di mancanza di documentazione nei titoli accademici della storica – č pendente un ricorso davanti al giudice del lavoro. E in attesa della sentenza lei si č imposta il silenzio: si limita a commentare che la concomitanza tra la consegna al Ministero degli esteri del materiale prodotto e l’arrivo della lettera di licenziamento «č soltanto una coincidenza...».

A richiederle quel materiale era stato proprio il Ministero, a ottobre. A inizio estate, il 5 luglio, durante una visita a Gorizia, al ministro Dimitrij Rupel era stata consegnata una lettera delle Associazioni dei familiari dei deportati che chiedevano un suo impegno a rendere noti gli studi prodotti in Slovenia sull’argomento. E la maggiore studiosa della materia era stata individuata a ottobre proprio nella Nemec, che aveva chiesto un paio di mesi di tempo quanto meno per trascrivere al computer quanto raccolto fino a quel momento. «Quel lavoro – spiega – č comunque al momento solo un punto di partenza: certo, per ogni persona e per ogni data indicata vi č un riscontro preciso in documenti ufficiali ma c’č ancora molto da fare, per motivare dettagliatamente la presenza di ogni singolo nome in quegli elenchi e, innanzitutto, per inquadrare storicamente l’intera vicenda».

Il 9 dicembre quindi la trasmissione via e-mail a Lubiana da dove poi il documento č tornato a Nova Gorica, questa volta al Comune, con l’invito a consegnarlo al sindaco del Comune di Gorizia, il che avvenne il 12 dicembre presente, tra gli altri, anche il console di Slovenia a Trieste Jože Šušmelj. Quindi, a metŕ dicembre, la consegna da parte del sindaco di Gorizia Brancati ai rappresentanti dei familiari dei deportati.

Ma Nataša Nemec, a quel punto, era giŕ stata sollevata dal suo incarico. Con un passato di docente di storia, al Goriški muzej la Nemec – laureatasi a Lubiana con una tesi su «Le organizzazioni politiche nell’ex provincia di Gorizia: 1945-1947» che testimonia il suo interesse storico per gli accadimenti di quegli anni sin dagli anni dell’universitŕ – era giunta dopo aver lavorato al Museo di Caporetto, dedicato alla Prima guerra mondiale, tema questo che ha ripreso poi anche nel ’98, quando ha curato l’allestimento della mostra «Maledetta guerra», che č stata ospitata anche in numerose cittŕ italiane.

 


 

Il Piccolo 17/03/06 

Lo Sfogo - Nataša Nemec : «I segreti negli archivi dell’Ozna e all’Eur»

La ricercatrice č stata minacciata piů volte. Non ha avuto accesso a due siti fondamentali

BILJE «No, non č stato facile, questo lavoro. I commenti sono sempre stati gli stessi, mi hanno sempre accusato o di avere detto troppo, o avere detto troppo poco. Non solo: a causa di questa mia ricerca ho ricevuto anche minacce. Tutte anonime. L’ultima, proprio in questi giorni».

Č un attimo. La voce di Nataša Nemec s’incrina. Il lavoro che ha iniziato 12 anni fa, dedicato a comprendere la sorte delle «persone disperse e arrestate alla fine di aprile e nei primi giorni del maggio dell’anno 1945, da parte degli organi militari e istituzionali sloveni e parzialmente anche dalle unitŕ partigiane italiane nella zona dell’allora Provincia di Gorizia» (come č scritto nell’intestazione dello studio), l’ha coinvolta profondamente. «Č un’esperienza traumatica – spiega –: l’avere a che fare con i morti significa avere a che fare con le storie di ciascuna di queste persone. E non sono storie tutte uguali. In molti casi ne sono rimasta molto turbata. Č davvero orribile quanto avvenuto a Gorizia il 2, il 3, fino all’8 maggio. Va bene: era la guerra. Era la fine della guerra. Ma a Gorizia e nel suo territorio hanno arrestato 5/6 mila persone. Certo, molte poi sono tornate a casa. Ma molte no».

E racconta, Nataša Nemec: «Gli elenchi delle persone da prelevare erano stati compilati dall’Ozna (Sezione per la protezione del popolo: la polizia segreta di Tito, ndr), che aveva i suoi confidenti, sloveni ma anche italiani. Inizialmente erano stati indicati i collaboratori, non tanto dei fascisti quanto dei tedeschi e senza distinzioni tra italiani e sloveni. Proprio la collaborazione con i tedeschi era la colpa piů grave. E in quegli elenchi non c’era solo indicato il nome e il cognome ma anche le caratteristiche somatiche e gli indirizzi precisi. Poi, perň scattarono anche altre forme di vendetta».

Ma nell’archivio di Lubiana che raccoglie i documenti dell’Ozna non ci sono tutte le carte che la Nemec cercava: «L’intera seconda sezione copre il periodo tra il settembre 1944 e il primo maggio 1945. Tutto quello che riguarda il periodo successivo non c’č. Dov’č? Non si sa. Quei documenti, redatti in duplice copia, una per la conservazione e una per la consultazione, sono stati distrutti o esistono ancora? E dove? A Belgrado o a Sarajevo, dove aveva sede la centrale dell’Ozna? Qualcuno dice poi che durante la guerra di Bosnia quei documenti potrebbero essere stati trasferiti a Knin. Ma sono ipotesi. Speriamo che siano a Belgrado, magari all’Archivio di Guerra, in quanto i Tribunali di guerra erano costituiti nell’ambito della Quarta Armata, di stanza a Postumia».

E allora, «si deve andare a Belgrado – dice la Nemec –. A Belgrado e a Roma. Alla Farnesina ho potuto studiare molto materiale su questo tema, raccolto fin dal termine del 1944: gli italiani volevano documentare crimini di guerra ai danni di connazionali, evidentemente da presentare poi al tavolo della pace. Ma a Roma, all’Archivio di Stato all’Eur, c’č l’Ufficio Terre orientali. E lě č impossibile entrare, o almeno noi non siamo stati ammessi. Ma da quel che so nemmeno i colleghi italiani hanno avuto accesso. Quell’archivio e quello dell’Ozna sono la chiave per tutto». E intanto Nataša Nemec ha costruito la sua opera storica consultando anche i lavori elaborati, a esempio, dall’Istituto friulano del Movimento di Liberazione o dall’Istituto della Resistenza di Trieste. Ma anche studi elaborati da semplici cittadini: a esempio, esiste un elenco redatto da quattro goriziani, due di qua e due di lŕ del confine, che hanno raccolto testimonianze che riguardano diversi casi, molti dei quali anche di collaborazionisti sloveni. Č un lavoro infinito, un lavoro che la Nemec prosegue anche ora, a casa, raccogliendo perfino gli articoli che escono in questi giorni sui giornali. Ogni informazione le č utile per delineare le singole storie personali di quei nomi raccolti nei suoi quaderni.

g. bar.