Trieste sia capitale morale di tutti gli italiani dell’Adriatico orientale
Caro Presidente della Lega Nazionale,
Autorità politiche e religiose,
Rappresentanti delle Forze dell’Ordine,
Gentili Signore e Signori,
È con grande piacere e sincera gratitudine che oggi, in questa importante e prestigiosa sala del Consiglio Comunale in rappresentanza e a nome di tutta la città di Trieste, sentiamo il dovere di testimoniare in forma solenne la gratitudine di Trieste tutta per la lotta della Lega Nazionale affinché la città conservasse la sua anima italiana, per l’impegno profuso nel secondo dopoguerra nel ricongiungimento di Trieste all’Italia e per la rivendicazione da parte della Lega Nazionale del diritto di operare affinchè Trieste acquisisca definitivamente il ruolo di capitale morale di tutti gli italiani dell’adriatico orientale.
La Lega Nazionale, già insignita nel 1968 dal Presidente della Repubblica con la medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte” non solo rappresenta Trieste, ma ne incarna la storia, la cultura, il cuore, l’anima.
L’attribuzione della civica benemerenza, la più alta onorificenza che questa Amministrazione può attribuire ad una associazione, è un modo concreto per dirle: grazie.
Quando alla fine della seconda Guerra Mondiale il Paese veniva liberato dall’occupazione nazista, nelle nostre terre ed in quelle dell’Istria (italiana fino ad allora) una lunga scia di sangue è stata tracciata dall’esercito comunista di Tito.
In quei drammatici quaranta giorni di terrore i comunisti di Tito che occuparono la città si distinsero per una crudeltà inaudita, prelevando dalle proprie abitazioni e per le strade migliaia di persone la cui sola “colpa” era di essere italiani e di non voler cadere sotto il regime comunista, mentre 350 mila italiani di Istria, Fiume e Dalmazia dovettero abbandonare le proprie case, radici, affetti perché perseguitati e cacciati dalle bande armate jugoslave. La Lega Nazionale con Don Edoardo Marzari oltre a dare una vitale assistenza a tantissimi profughi seppe dare una voce unitaria alla presenza italiana nella Venezia Giulia, diventando lo strumento attraverso il quale la popolazione giuliana ha espresso la sua scelta a favore del ritorno all’Italia.
In quegli anni difficili la Lega Nazionale guidò il movimento di protesta dei triestini chereclamavano il ritorno di Trieste all’Italia e si adoperò affinchè venissero concesse dallo stato italiano le “medaglie d’oro al valor civile” a Pierino Addobbati, Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Erminio Bassa, Saverio Montano e Antonio Zavadil, caduti il 5 e 6 novembre del ’53, quali “ultimi martiri del Risorgimento”.
La patria nei confronti della città è stata madre e matrigna.
Solo nel ’54 l’Italia riabbracciò Trieste e nel 1975, con il Trattato di Osimo - che ha reso definitive le frontiere confermando l’amministrazione italiana della zona A e l’amministrazione jugoslava della zona B così come erano state individuate nel Memorandum di Londra -, si commise un gravissimo torto accettando di lasciare nell’oblio quegli anni terribili e tradendo ancora i fiumani, gli istriani ed i dalmati.
La Lega Nazionale, oggi, continua nella sua opera di conservazione della memoria storica e di valorizzazione della storia passata, curando tra le tante cose, il Sacrario di Basovizza, simbolo dei drammi che hanno interessato il confine Orientale durante la seconda Guerra Mondiale e che il 10 febbraio del 2007, quando ero già sindaco di Trieste, ha ritrovato il suo doveroso onore anche con la realizzazione del centro di documentazione gestito sempre dalla Lega Nazionale, che ha l’importante compito, insieme a tutti noi ed alle nuove generazioni, di custodire e dare sempre voce a questi drammatici fatti, affinchè il ricordo non torni più nell’oscurità di un silenzio colpevole.
Con un sentimento di grande rispetto, a pochi giorni dalle celebrazioni del 10 febbraio per il giorno del ricordo, ho l’onore a nome della città di Trieste di consegnare, nelle mani del presidente, Paolo Sardos Albertini, l’onorificenza della civica benemerenza alla Lega Nazionale con la seguente motivazione:
“In segno di gratitudine per l’impegno profuso fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1891, per la conservazione dell’anima italiana di Trieste all’epoca dell’impero asburgico, per il ricongiungimento di Trieste all’Italia nel secondo dopoguerra e per la rivendicazione del diritto di operare affinchè Trieste acquisisca definitivamente il ruolo di capitale morale di tutti gli italiani dell’Adriatico Orientale”.
Roberto Dipiazza Sindaco di Trieste
7 febbraio 2018
Breve storia della Lega Nazionale - articoli di Stefano Pilotto
La storia di un’associazione si fonde con la storia di una città e ne attraversa tutte le vicende, liete o dolorose, diventandone lo specchio fedele e l’archivio interiore. La ragione di esistenza della Lega Nazionale è direttamente legata alla storia del XIX secolo e, in particolare, sia allo sviluppo del concetto romantico di Nazione, sia a quel grande movimento di opinione che, dopo il lento e complesso processo di unificazione, avvenuto fra il 1861 e il 1870, avrebbe caratterizzato le passioni di gran parte del popolo italiano: l’irredentismo.
Dopo che Venezia (1866) e Roma (1870) entrarono a far parte del Regno d’Italia, la questione si pose per gli altri territori limitrofi abitati da secoli da popolazioni autoctone caratterizzate dalla preminente cultura romana e veneta.
Queste terre (il Trentino, la Venezia Giulia, l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia) vennero indicate da Matteo Imbriani nel 1877 come le “Terre Irredente”, vale a dire le terre che ancora dovevano essere liberate per essere accolte nella madrepatria italiana.
Il progetto
Si sviluppò un consistente movimento di opinione tendente a favorire la prosecuzione dell’azione risorgimentale, onde completare il progetto ideale mirante a costituire uno Stato italiano che comprendesse al proprio interno tutti i territori contigui alla penisola popolati prevalentemente da cittadini di lingua e cultura italiana. In tal modo nacquero le associazioni, i giornali, le riviste che sostennero il progetto irredentista.
Nello stesso 1877 nacque l’Associazione pro Italia Irredenta, diretta dal Generale Giuseppe Avezzana, nel febbraio 1878 Matteo Imbriani fondò a Napoli l’organo irredentista L’Italia degli Italiani per incoraggiare una presa di coscienza generale di fronte alle possibilità che la politica estera romana della Sinistra Storica, al potere dal 1875, avrebbe avuto in sede di Congresso di Berlino di fronte alle crisi balcaniche.
Fu quello un periodo straordinariamente intenso, in cui l’Irredentismo visse momenti di grande popolarità, alternati a momenti di declino. Quando, nel 1882, l’Italia aderì alla Triplice Alleanza con Germania ed Austria-Ungheria, le speranze degli irredentisti parvero tramontare e proprio nei mesi immediatamente successivi alcuni patrioti, come Guglielmo Oberdan, cercarono anche con azioni di estremo sacrificio di risvegliare gli animi di coloro che sembravano essersi rassegnati ad una politica di amicizia nei confronti di Vienna e, quindi, ad una politica di rinuncia delle Terre Irredente.
I sodalizi
Il governo di Crispi orientò l’attenzione dell’opinione pubblica verso le conquiste coloniali (Eritrea, Somalia) per attenuare gli entusiasmi irredentisti e per rispettare con coerenza gli impegni assunti nei confronti di Vienna mediante la Triplice Alleanza.
Ma vaste frange della popolazione, sia in Italia che in seno ai territori popolati da italiani in Austria-Ungheria, continuarono a sostenere l’ideale dell’annessione di tali Terre Irredente alla madrepatria italiana.
Nacquero nuove associazioni, come la Pro Patria, nel Trentino, nel 1885-1886, per contrastare le iniziative asburgiche (come ad esempio il Deutscher Schulverein), che avevano mirato a rafforzare la cultura austriaca nei territori limitrofi al Regno d’Italia.
Il testimone
Lo scioglimento della Pro Patria, nel 1890, dopo soli quattro anni di attività, offrì lo spunto per un’esperienza di carattere simile, che compensasse il vuoto lasciato. In quel contesto prese corpo l’idea di creare una nuova associazione a Trieste, la Lega Nazionale, che riprendesse lo statuto della Pro Patria e ne perpetuasse l’azione per tutelare la lingua, la cultura e l’identità delle comunità di italiani viventi in seno all’Impero Asburgico nel Trentino, nella Venezia Giulia, in Istria, nel Quarnero e in Dalmazia.
Da quel momento (1891), la Lega Nazionale diventò progressivamente il punto di riferimento più solido e più costante per lo sviluppo della identità italiana, attraverso attività di natura sociale offerte ai giovani, nel campo culturale, sportivo e dialettico.
Il sostegno alla creazione di nuove scuole, alle istituzioni parascolastiche come i ricreatori comunali, e ai progetti di naturale aggregazione della gioventù proiettarono la Lega Nazionale verso un ruolo centrale nell’ambito della vita locale.
Il lavoro di assistenza allo studio e di avviamento allo sport compiuto mediante i ricreatori comunali, ad esempio, risultò di grande spessore per tutta la città di Trieste e per i territori del Trentino, Istria e Dalmazia.
La penetrazione
Precise carte dell’epoca individuavano la localizzazione di “gruppi, scuole e giardini della Lega Nazionale”, sottintendendo il carattere capillare dell’azione laica e patriottica condotta dall’associazione.
L’azione sempre pacifica della Lega Nazionale (come disse Riccardo Pitteri nel 1912 “da essa non è mai uscita una sola parola di odio e sono uscite sempre mille parole di amore”) avrebbe successivamente posto l’associazione davanti alla prova più difficile dell’inizio del ventesimo secolo, lo scoppio della prima guerra mondiale e il confronto cruento fra Italia e Impero Austro-Ungarico.
Alla vigilia della prima guerra mondiale la Lega Nazionale aveva più di 45.000 soci e oltre 70 istituti scolastici. La sua azione fu sempre moderata: come scrisse Riccardo Pitteri (carismatico presidente della Lega Nazionale dal 1900 al 1914), in una comunicazione del 1911 “essa innalza i baluardi pacifici dell’istruzione e della civiltà là dove son chiesti”.
Lo scoppio della Grande guerra, tuttavia, suscitò la reazione degli austriaci nei confronti delle istituzioni che, attraverso l’uso della lingua italiana, avevano manifestato un sostegno esplicito alla politica romana: il 23 maggio 1915 la sede de Il Piccolo e della Lega Nazionale vennero date alle fiamme, così come altre sedi in odore di irredentismo (la Società Ginnastica Triestina, il Caffè San Marco,…) vennero attaccate.
Lo scioglimento
La Lega Nazionale fu sciolta dalle autorità austriache e molti suoi soci scelsero di vestire l’uniforme del Regno d’Italia, parteciparono alla guerra e sacrificarono la loro giovane vita per la causa della patria. Alcuni di essi ottennero la medaglia d’oro al valor militare (Nazario Sauro, Francesco Rismondo, Guido Corsi, Scipio Slataper, Giacomo Venezian), altri la medaglia d’argento (Ruggero Fauro Timeus).
La guerra travolse tutto e sconvolse temporaneamente ogni previsione: dopo le undici battaglie vinte nell’area dell’Isonzo la sconfitta italiana di Caporetto, alla fine di ottobre del 1917, parve delineare una vittoria degli imperi centrali, il tramonto degli ideali risorgimentali italiani ed il declino definitivo dell’irredentismo.
I mesi del 1918, tuttavia, accompagnarono l’auspicato rovesciamento delle sorti e prepararono una vittoria finale che suggellò il coronamento delle speranze irredentiste.
Un periodo difficile
Il periodo della guerra fu molto duro per la Lega Nazionale e per la città di Trieste. Silvio Benco, nel discorso di commemorazione di Riccardo Pitteri (deceduto a Roma il 24 ottobre 1915), tenuto a Trieste il 26 ottobre 1919, non esitò a ricordare che durante la guerra “la città era livida, muta e taciturna, mentre si correva con gli sbirri a scovare nelle case i calendari della Lega Nazionale e i busti di Dante”.
La rinascita
Dopo la vittoria e la prima redenzione, la Lega Nazionale si ricostituì rapidamente, ma si trovò ad esprimere la sua funzione di custode dell’identità italiana del Trentino, della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia in un contesto profondamente diverso da quello in cui essa aveva operato prima della grande guerra.
La sua funzione di sostegno della cultura italiana giovò al negoziato diplomatico per la delimitazione dei confini fra Regno d’Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ma dopo la firma del Trattato di Rapallo (12 novembre 1920) essa si trovò ad operare all’ombra della nuova azione dello stato italiano, sia dello stato liberale (fra il 1920 ed il 1922) sia di quello fascista (dal 1922 in poi), i quali si orientarono a gestire in modo sempre più centralizzato l’educazione della gioventù.
Nel corso degli anni Venti, pertanto, l’autonomia della Lega Nazionale si andò sempre più restringendo, soprattutto in relazione alla crescente parallela attività dell’Opera Nazionale Assistenza Italia Redenta (Onair), dell’Opera Nazionale Balilla e della Società Dante Alighieri a livello nazionale ed internazionale.
Un altro tramonto
La decisione di autoscioglimento da parte della Lega Nazionale, alla fine degli anni Venti e che prese corpo concretamente all’inizio degli anni Trenta, fu dettata dal desiderio di non confliggere con l’opera amministrativa ed educativa dello Stato italiano del tempo, cioè lo Stato fascista. Il rischio era di creare sovrapposizioni e quindi tensioni che avrebbero potuto creare momenti di incoerenza o finanche di imbarazzo con il governo di Mussolini, proprio da parte di un’associazione che aveva fatto dell’amor di patria il proprio scopo di vita. Fu una decisione consapevole, che taluni ritennero definitiva, ma che definitiva non fu. Quando, dopo la rovinosa sconfitta italiana nel corso della seconda guerra mondiale, l’incolumità delle popolazioni dei territori orientali della penisola e la sopravvivenza della loro cultura furono poste in serio pericolo, la Lega Nazionale si ricostituì con una velocità sorprendente, per correre in soccorso a quanti desideravano provare a limitare i danni della capitolazione.
Lucia Daurant, nel suo bel libro su Riccardo Pitteri scritto nel 1931, aveva ricordato che nel corso del periodo precedente la prima guerra mondiale la Lega Nazionale era diventata il simbolo della patria negata.
Lo sarebbe stata anche dopo il 1945, in un contesto certamente diverso ed ancor più drammatico.
La seconda guerra mondiale sconvolse i territori orientali italiani e le loro popolazioni. Violenze d’ogni genere e intensità si abbatterono sui villaggi, sulle case, sulle famiglie. Gli italiani della Venezia Giulia, dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia pagarono doppiamente le conseguenze d’una guerra perduta, pagarono per tutti: rastrellamenti, campi di prigionia, foibe, esodo. Per loro tutti e per coloro che assistettero a tali tragedie calò rapidamente il velo oscuro del dolore sul volto della patria.
Fu in quei mesi, dopo il giugno del 1945, che la Lega Nazionale riprese a vivere, si ricostituì, venne cercata ed invocata: laddove occorreva issare un tricolore morale sulle infauste sorti delle popolazioni l’associazione era presente con l’amorevole dedizione dei suoi 180.000 soci. Gli studi compiuti da Roberto Spazzali nel 1986 sulla rifondazione della Lega Nazionale dopo la seconda guerra mondiale permisero di fare luce sulle circostanze peculiari che accompagnarono tale rinascita, in un periodo difficilissimo e complicatissimo quale fu quello dei primi anni del secondo dopoguerra.
In quel contesto l’opera di Don Eduardo Marzari si rivelò decisiva: la voce della Chiesa Cattolica in difesa dell’italianità di Trieste e dei territori orientali si levò con discrezione e moderazione, trasmettendo un sostegno incipiente che avrebbe confortato il contributo ben più esteso dei mesi successivi.
La presenza delle truppe anglo-americane a Trieste e delle truppe jugoslave in Istria, Quarnero e Dalmazia generarono timore ed incertezza in seno alle popolazioni italiane, le quali attesero con dignità e trepidazione le decisioni delle potenze in ordine ai nuovi confini. L’esodo dai territori orientali si intensificò progressivamente in seguito alle azioni di intimidazione e di terrore perpetrate dalla parte jugoslava a danno degli italiani, come l’attentato di Vergarolla, vicino a Pola, del 18 agosto 1946. Con il trattato di pace del 10 febbraio 1947 l’Italia perse ineluttabilmente l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia.
Il Territorio Libero di Trieste, diviso in due zone, avrebbe – malgrado tutto – generato un barlume di speranza per quanto riguardava il recupero di tale area da parte dell’Italia. In quegli anni la Lega Nazionale, in armonia con il sostegno delle personalità locali (Gianni Bartoli, Francesco Addobbati, Fulvio Anzellotti, Diego Guicciardi, Baccio Ziliotto e molti altri) agì per sensibilizzare la popolazione.
Il 5 e 6 novembre 1953 furono sei le vittime della Lega Nazionale (Pierino Addobbati, Francesco Paglia, Antonio Zavadil, Nardino Manzi, Erminio Bassa, Saverio Montano), cadute sotto il fuoco delle truppe britanniche davanti alla chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, ad aprire la strada alla seconda redenzione di Trieste. Le potenze occidentali (Francia, Stati Uniti d’America, Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord) si resero conto del fatto che Trieste era e voleva essere italiana ed in meno di un anno, il 5 ottobre 1954, decisero di trasferire l’amministrazione della Zona A del Territorio Libero di Trieste alla Repubblica Italiana.
La Lega Nazionale visse in prima persona quella data straordinaria per la città di Trieste, ma non trascurò la sofferenza degli italiani della Zona B, che sarebbe rimasta alla Jugoslavia. Nel corso dei decenni successivi, come avrebbero dimostrato le ricerche di Alfieri Seri (1971), di Aldo Secco (1995), di Diana De Rosa (2000) e di Diego Redivo (2005), l’attività della Lega Nazionale si sarebbe diretta alla paziente tutela della cultura italiana nella Venezia Giulia, in Istria, Quarnero e Dalmazia, alla protezione della memoria storica relativa alle vicissitudini delle popolazioni dei territori orientali, ma anche alla custodia dei luoghi museali particolarmente significativi riguardo tali vicissitudini, come il Museo del Risorgimento ed il Centro di Documentazione della Foiba di Basovizza. Il 130° anniversario della Lega Nazionale permette oggi di fare luce sull’azione pacifica di un’associazione la cui storia si è direttamente intrecciata con quella della città di Trieste, nella gioia e nel dolore, diventandone un attendibile indicatore di vitalità esistenziale e di dignità patriottica.
106 anni fa l'incendio della sede della Lega Nazionale
Il 23 maggio di ogni anno si ricordano i tristi fatti del 1915. A Trieste, in quella notte, a seguito della diffusione della notizia della Dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria, venivano date alle fiamme la sede de "Il Piccolo", della Società Ginnastica Triestina, del caffè San Marco, Milano ed Edison, luoghi colpevoli di ospitare, secondo le autorità dell'epoca, attività di matrice irredentista.
In tale contesto non può essere dimenticata la devastazione che a Trieste si abbattè anche sulla Lega Nazionale.
Vennero presi di mira la sede di via Nuova, ora via Mazzini, e il Ricreatorio di San Giacomo, invasi e incendiati. Venne inoltre imposto lo scioglimento del Sodalizio, furono chiusi d'autorità tutti gli istituti e le realtà allo stesso afferenti e alcuni di essi vennero dati alle fiamme; venne sequestrato tutto il patrimonio, dato in amministrazione ad un commissario dell'Imperial Regio Governo.
Gli autori degli atti violenti e vandalici furono diverse decine di persone, forse un centinaio, ignote, ma identificate nelle ricostruzioni storiche come manifestanti reclutati nei quartieri popolari di Cittavecchia, Barriera e San Giacomo (elementi lealisti, provenienti per lo più dal ceto impiegatizio, e donne e uomini di ceto popolare, spesso disoccupati, mossi da un sentimento misto fra attaccamento all’Impero e anelito di rivalsa sociale) e tra le fila della Lega patriottica della gioventù, non destinata al fronte della Galizia. Certi, invece, sembrano i mandanti, ovvero i comandi militari asburgici i quali poterono pianificare e organizzare la spedizione, godendo della protezione della polizia.
Pillole di Storia: 103 anni fa venivano devastati e incendiati la sede della Lega Nazionale e altri luoghi simbolici triestini, rei di essere filo-italiani
Era il 23 maggio del 1915, domenica di Pentecoste, quando, a seguito della diffusione della notizia della Dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria, attentatori rimasti impuniti misero letteralmente a ferro e fuoco le sedi di luoghi, pubblici e privati, ritenuti simbolici in chiave irredentista.
Gli autori degli atti violenti e vandalici furono diverse decine di persone, forse un centinaio, ignote, ma identificate nelle ricostruzioni storiche come manifestanti reclutati nei quartieri popolari di Cittavecchia, Barriera e San Giacomo (elementi lealisti, provenienti per lo più dal ceto impiegatizio, e donne e uomini di ceto popolare, spesso disoccupati, mossi da un sentimento misto fra attaccamento all’Impero e anelito di rivalsa sociale) e tra le fila della Lega patriottica della gioventù, non destinata al fronte della Galizia. Certi, invece, sembrano i mandanti, ovvero i comandi militari asburgici i quali poterono pianificare e organizzare la spedizione, godendo della protezione della polizia.
A tal proposito, lo storico Almerigo Apollonio, il quale ha dedicato un capitolo del suo saggio in due volumi «La "belle époque" e il tramonto dell'Impero asburgico sulle rive dell'Adriatico (1914-1918)» a questi avvenimenti, scrive: “Le prove documentali delle responsabilità furono distrutte prima della fine del conflitto. Negli archivi di Vienna sono reperibili le relazioni, certamente false, delle quali a Trieste non sono rimaste copie”.
liberamente tratto da "Documentari e cinegiornali sulla questione giuliana (1943-1954)" di Ottavia Sardos Albertini ricostruiamo il legame tra le Lega Nazionale e i documentari del dopoguerra
Del 1947-1948 è il documentario "Genti Giulie" realizzato per la Lega Nazionale - sezione di Monfalcone con la collaborazione di vari operatori, fra cui Piero De Vescovi e Giovanni Ivessa, del giornalista Italo Orto e, per quanto riguarda la stesura del testo da inserire nel documentario, di Gino Villasanta, con soggetto dell'ing. Graziano Radimiri (allora Presidente della Lega Nazionale sezione di MOnfalcone) , sceneggiato e realizzato da G.A. Vitrotti e C. Pelizzon, e adattamento musicale del m.o Mancini.
L'idea di questo lavoro venne alla Lega Nazionale dopo essere entrata in possesso di una ripresa dell'arrivo delle truppe italiane a Monfalcone, il 15 settembre 1947, realizzata da Ivessa, un polesano che nella sua città d'origine era stato proprietario di due cinematografi e che al momento di abbandonare Pola aveva potuto portare via le apparecchiature e una cinepresa.
Ivessa era un cineoperatore amatoriale e la ripresa che aveva effettuato l'aveva girata con una cinepresa Erneman con trascinamento a manovella della pellicola, con un unico obiettivo grandangolare e con magazzino di 120 metri, corrispondenti a circa quattro minuti di immagini, che fu girato completamente; la pellicola conteneva un solo campo lungo della piazza della città con i soldati e la folla, ripreso da un balcone.
Non solo Balkan: le aggressioni alle sedi della Lega Nazionale
NON SOLO BALKAN
Le aggressioni alle sedi della Lega Nazionale, simbolo dell'identità italiana
1898
Agli inizi del 1900, la Lega Nazionale poteva annoverare 49 Gruppi Locali della Sezione Tridentina, 76 di quella Adriatica e 12 della Dalmazia, con un totale di 25 mila soci.
Ma per l'Istituzione la vita non era facile. Infatti dovette sopportare a più riprese, oltre alla diffidenza della polizia, anche angherie, vandalismi, atti intimidatori: vennero presi infatti di mira e danneggiati gli edifici di San Croce di Trieste , di Sebenico, di Borgo Erizzo (a Zara) .
Venne assaltata con mano armata la scuola non ancora finita di Duino e furono abbattute le porte, le finestre, i pilastri e il tetto.
Ma nonostante tali vessazioni, la Lega continuava ad innalzare le sue scuole, formidabile tutela del glorioso patrimonio della lingua e della cultura italiana.
La Lega Nazionale e i fatti del '53. Trieste e il Governo Militare Alleato - di Paolo Sardos Albertini
Trieste e il Governo Militare Alleato
"La Lega Nazionale invita la cittadinanza ad esporre il tricolore". Bastavano queste poche parole perché il giorno dopo Trieste fosse tutta avvolta di bandiere e perchè la strade e le piazze della città di San Giusto si riempissero di cittadini bramosi di esprimere e testimoniare la propria identità italiana.
La Lega Nazionale e i fatti del '53. Ri - nasce la Lega Nazionale - di Paolo Sardos Albertini
Ri - nasce la Lega Nazionale
Dal primo maggio 1945 la politica triestina avrà come tema centrale lo scontro tra due schieramenti: da un lato il partito italiano, in cui la Lega Nazionale sarà l'espressione più esplicita e formale, ma che comprenderà tutte le forze politiche che si ritrovano nello schieramento degli Usa e dell'Occidente; dall'altro gli slavo-comunisti, che si coagulano attorno al Partito Comunista e che raccolgono gran parte del consenso etnico sloveno (anche se non comunista).
La Lega Nazionale e i fatti del '53. Un protagonista: Don Marzari - di Paolo Sardos Albertini
Un protagonista: Don Marzari
Lo strumento del Comitato di Liberazione Nazionale, che era servito contro i Nazisti, non poteva venire riproposto pari pari per combattere ora il Comunismo jugoslavo. Occorreva qualcosa di nuovo e di diverso e, nell'individuare e realizzare tale novità, il ruolo di don Edoardo Marzari appare sicuramente determinante e decisivo.
Il lavoro di Diego Redivo ci propone una accurata ed approfondita analisi della Lega Nazionale, lungo l’arco dei cento e dieci anni della sua storia. Un’opera, la sua, che in qualche modo trova le naturali premesse in un precedente lavoro, quello di Aldo Secco, “In vedetta operosa”, nel quale era stata proposta una cronistoria ricca di fatti, di nomi, di immagini di un secolo di questa associazione(1).
Ma, oltre a questi due autori, altri si sono occupati, con angolazioni più settoriali, di questo argomento: è il caso di Roberto Spazzali e del suo pregevole lavoro sul momento della rifondazione della Lega nel ’46 (2), è il caso del lavoro di Diana De Rosa dedicato alle scuole della Lega Nazionale(3), e delle opere di Aldo Secco (4) e di Alfieri Seri (5). Ed inoltre tutta una serie di altri contributi che, in forma meno diretta e specifica, hanno comunque affrontato aspetti varii della Lega Nazionale.
C’è da chiedersi: come mai tutto questo, come si giustifica questa serie di studi e di lavori su un qualcosa che, alla fin fine, altro non è che una semplice associazione? La realtà vera è che la Lega è certamente una associazione, ma è anche qualcosa di più, un qualcosa di piuttosto diverso. Non è certo un caso che dirigenti ed appartenenti siano usi definirla con il termine, forse un po’ polveroso e vetusto, di “Sodalizio”. Non va dimenticato che questo soggetto, Associazione o Sodalizio che lo si voglia definire, ha coinvolto nel suo operare ben tre secoli: il diciannovesimo, il ventesimo ed ora il ventunesimo. Era stata fondata, la Lega, ai tempi della belle epoque, dei tram a cavallo, dei lumi a petrolio; oggi opera sotto il segno dell’informatica e vanta ovviamente il suo bravo sito su Internet (www.leganazionale.it). Era sorta quando l’Europa era ancora il centro del mondo intero ed il suo assetto politico era stato disegnato al Congresso di Vienna, oggi vive nel mondo globalizzato ed è testimone di quella sorta di quarta guerra mondiale che il fondamentalismo islamico sembra aver promosso contro l’Occidente. E questo lungo, lunghissimo percorso storico della Lega Nazionale si è articolato attraverso un inevitabile, continuo mutamento dei suoi interlocutori, dei suoi avversari, dei suoi rapporti di riferimento con il contesto sociale da cui traeva alimento e sostegno.